28.1.13

Ancora

nave illustrazione francesca ballarini
Come conchiglia abbarbicata e sola 
sul torace del tuo scoglio mi addormento. 
Resisto ai flutti della mia impazienza 
sentendo che il tuo cuore batte lento. 

(V.Lingiardi) 



Mi viene solo in mente quella storia dei fiumi, […] e al fatto che si son messi lì a studiarli perché giustamente non gli tornava 'sta storia che un fiume, dovendo arrivare al mare, ci metteva tutto quel tempo, cioè scelga, deliberatamente, di fare un sacco di curve, invece di puntare dritto allo scopo, […] c'è qualcosa di assurdo in tutte quelle curve, e così si sono messi a studiare la faccenda e quello che hanno scoperto alla fine, c'è da non crederci, è che qualsiasi fiume, […], prima di arrivare al mare fa esattamente una strada tre volte più lunga di quella che farebbe se andasse diritto, sbalorditivo, se ci pensi, ci mette tre volte tanto quello che sarebbe necessario, e tutto a furia di curve, appunto, solo con questo stratagemma delle curve, […] è quello che hanno scoperto con scientifica sicurezza a forza di studiare i fiumi, tutti i fiumi, hanno scoperto che non sono matti, è la loro natura di fiumi che li obbliga a quel girovagare continuo, e perfino esatto, tanto che tutti, dico tutti, alla fine, navigano per una strada tre volte più lunga del necessario, anzi, per essere esatti, tre volte virgola quattordici, giuro, il famoso pi greco, non ci volevo credere, in effetti, ma pare che sia proprio così, devi prendere la loro distanza dal mare, moltiplicarla per pi greco e hai la lunghezza della strada che effettivamente fanno, il che, ho pensato, è una gran figata, perché, ho pensato, c'è una regola per loro vuoi che non ci sia per noi, voglio dire, il meno che ti puoi aspettare è che anche per noi sia più o meno lo stesso, e che tutto questo sbandare da una parte e dall'altra, come se fossimo matti, o peggio smarriti, in realtà è il nostro modo di andare diritti, modo scientificamente esatto, e per così dire già preordinato, benché indubbiamente simile a una sequenza disordinata di errori, o ripensamenti, ma solo in apparenza perché in realtà è semplicemente il nostro modo di andare dove dobbiamo andare, il modo che è specificatamente nostro, la nostra natura, per così dire, cosa volevo dire?, quella storia dei fiumi, sì, è una storia che se ci pensi è rassicurante, io la trovo molto rassicurante, che ci sia una regola oggettiva dietro a tutte le nostre stupidate, è una cosa rassicurante, tanto che ho deciso di crederci, e allora, ecco, quel che volevo dire è che mi fa male vederti navigare curve da schifo come quella di Couverney, ma dovessi anche andare ogni volta a guardare un fiume, ogni volta, per ricordarmelo, io sempre penserò che è giusto così, e che fai bene ad andare, per quanto solo a dirlo mi venga da spaccarti la testa, ma voglio che tu vada, e sono felice che tu vada, sei un fiume forte, non ti perderai.

(da City - A.Baricco)



22.1.13

Via Rinaldi 46, Ninopoli

18 anni fa vivevo in questa città. 
Per 10 anni ho vissuto in una casa, in questa città, che se penso alla felicità abitata penso a quelle mura, e le mura in realtà non c'erano. Ogni volta, di fronte alle persone vicine a me - le presenti sempre, le andate, le nuove - penso se sono passate o no in quelle stanze, come fossero stanze del mio cuore ché per conoscermi sarebbe stato bello fossero state camminate da ognuno di loro. In Via Mura Occidentali 33.

Era un porto - e aridaje col mare, Nina - allegro, di passaggio, senza vernice, ma di fiori freschi. Senza lampadari, ma coni di carta o di stoffa che Grace aveva improvvisato. Un improvviso fresco e infinito. Un non-lampadario in particolare - veramente brutto e per questo così amabile - era un foulard, eredità degli anni ottanta, dalle stelle gialle fluorescenti che spenzolava giù dal filo come i fantasmini che si fingono ad Halloween. 
Attorno ad alcuni stipiti delle porte avevamo dipinto dei fiori per-nulla-stencil, e di fuori delle foglie verdissime e mai finite, in un balconcino prima grigio che s'affacciava su un parcheggio altrettanto grigio. C'era passato tanto fiume d'amicizia dentro, e di gioia, pura, adolescente ("che comincia a crescere") e pulita. E pure i dolori, che cominci a conoscere.
Poi finì, poi dovemmo lasciarla, con le foglie lasciate a metà, il non stencil sulla porta, i bauli da rifare, i poster attaccati con lo scotch dipinti da mia sorella per scenografare il mio compleanno dei 13 anni. Preso sottobraccio il gatto, siamo tornati alla casa di sempre, io comunque lontana, a finire l'università urbinate, e così via. 
Non ho voluto più parlare tanto di quella casa, per quanto fitto era entrato dentro ogni istante, da cui non ci si poteva muovere, era stato come traslocare dalla felicità, e questo a un cuore non si fa; anche fossi stata agli antipodi, il pensiero non era mai riuscito a contenere quel distacco. Era un addio silenzioso, un ritorno rimandato all'infinito. 
Qualche anno fa son riuscita a passar lì sotto, senza cambiare strada per non vedere: son entrata nel pianerottolo, col portone eccezionalmente aperto, ad annusare quell'odore di tappezzeria che ricordavo così, e sentirmi quindicenne in quella felicità abitata, di quando fai gli scalini 3 a 3, e corri non si sa per dove non si sa per che. 


In questo ultimo anno, da quando Nina tornò cerbiatto da Parigi, sono cambiate tante cose. Sono cambiate, hanno girato l'angolo, la boa, superato la linea d'ombra, non lo so; un po' come 6 anni fa, via da Bordeaux, tornando sceglievo una 'sliding door'. A dirla tutta, ogni volta che torno dalla Francia capita qualcosa che mi fa curvare la strada (è difficile capire cos'è, ma dev'essere strada).

Un 2012 magmatico, diciamo noi, fin quando, mentre sotto ribolle quello che hai sempre sentito, arriva un piccone che spacca la crosta ed ecco che fuoriesci ed esplodi. E macerie e spiegazioni che non si ascoltano. E fenici dalle ceneri, e quelle cose lì. 
Una strada accidentata, pure dentro, lontana da Via Mura Occidentali 33, ma per riavvicinarsi proprio a lei. Difficile spiegare più di questo, se non hai già capito.

Così allo scadere dell'anno ho cercato casa. In questa città, che fisica poteva essere anche altrove, ma che fosse la ninopoli di bambina. Un improvviso che profumasse di fresco e infinito, senza pareti, una casa gialla per la felicità che immagini dentro, per sentire l'odore del mare pure da lontano. 
E ho trovato lei, che gialla lo è per davvero, da sola, ma non sola.
Sento il fiume che ci passa attraverso e ci riconosco il futuro, di quando il "rimandare all'infinito" non ti appartiene più. Più.

Uscita da quel portone, anni fa, a sentir di nascosto l'odore di tappezzeria in Via Mura Occidentali, avevo guardato in alto, al secondo piano, e una finestra era aperta, abitata non so da chi, e il lampadario con le stelle fluorescenti era ancora lì, appeso storto alla lampadina. 

Le cose, quelle che s'impregnano di vero e di tuo, aspettano sempre il tuo ritorno. 


(Vi scrivo da Ninopoli, Via Rinaldi 46, primo post, e la prossima volta ve la racconto la mia casa gialla)


Nina, che conosce la canzone e riconosce la strada

6.1.13

I will move you

make gif
mi sto preparando per l'anno nuovo
make gif
stendendo la carta, massaggiando le fibre, affinando la mina nina
make gif
ammorbidendo la pelle, 'per tornare liscia come la terra vista da lontano',




 e cambiando casa.




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Ninetta a Ninopoli, prossimamente


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