12.12.12

Attenzione volitiva

tensione evolutiva illustrazione


Dicevo "È sempre bello trovarsi un paio di guanti caldi, e uguali, in tasca. Un anno ti hanno atteso".
È che li ho indossati mentre scrivevo, non potevo farli aspettare ancora.



*





29.11.12

Let the seasons begin


Sai le audiocassette di quando sei piccola, tipo C'era una volta, e ascolti una voce bellissima che ti racconta una favola, e te la racconta così bene, ma così bene, con quel vibrato caldo e balsamico, che tu te l'immagini nella testa ogni cosa, personaggio, albero parlante, stradina perduta, campo di papaveri, musicanti di brema, zuppe di pietra?
E così, quando sei grande, ti ritrovi a cercare disperata quel libro di cui avevi visto quelle figure bellissime, sì, bellissime, ma non lo trovi mica il libro, perché non esiste, era la fantasia che aveva fatto di meglio, grazie a quella voce là dentro, a quel tempo.

Quel cuore è rimasto così conservato, riempito di cose vissute e intrecciato di fili colorati, ma sempre lui. E proprio perché è sempre lui, ancora cerca le cose in cui crede e sente sue, e tradirsi non può.

Non c'era un attimo da perdere, 
domande da rinviare e illuminazioni tardive, 
se non le si erano avute per tempo. 
La saggezza non poteva aspettare i capelli bianchi. 
Doveva vedere con chiarezza, prima che fosse chiaro, 
e udire ogni voce, prima che risonasse.

Comincerà la stagione che le appartiene, quella che la voce dell'audiocassetta le faceva immaginare, e in cui credeva fermamente, e che esiste. La fantasia non è mai una cosa irreale.


La canzone del titolo è Elephant Gun, Beirut.
Il disegno dello scoiattolo non è mio, ma magari sono io.
La poesia viene da La breve vita dei nostri antenati, di Wislawa.
La voce dell'audiocassetta è di un augurio che mi ha fatto piangereridere assieme.


Nina +30

26.11.12

Se mi chiedi come

szymborska illustrazione ballarini
In caso di pericolo, l'oloturia si divide in due:
dà un sé in pasto al mondo,
e con l'altro fugge.

Si scinde in un colpo in rovina e salvezza,
in ammenda e premio, in ciò che è stato e ciò che sarà.

Nel mezzo del suo corpo si apre un abisso
con due sponde subito estranee.

Su una la morte, sull'altra la vita.
Qui la disperazione, là la fiducia. 

Se esiste una bilancia, ha piatti immobili.
Se c'è giustizia, eccola.

Morire quanto necessario, senza eccedere.
Rinascere quanto occorre da ciò che si è salvato.

Già, anche noi sappiamo dividerci in due.
Ma solo in corpo e sussurro interrotto.
In corpo e poesia.

Da un lato la gola, il riso dall'altro,
un riso leggero, di già soffocato.

Qui il cuore pesante, là non omnis moriar,
tre piccole parole, soltanto, tre piume di un volo.

L'abisso non ci divide.
L'abisso ci circonda.



("Autotomia", da Ogni caso - Wislawa Szymborska)






22.11.12

Ode a bordo pagina



Sai quei segni che rimangono sul margine del foglio, fogliaccio spiegazzato, carta per le bozze, e non li vede nessuno, che nascono sovrappensiero o sovrapparole, e prendono una forma, col colore che in quel momento hai in mano, senza scelta, e distratta sposti il polso, al confine tra la carta e il tavolo, e scarabocchi? Un volto una casa una volpe una donnina capovolta una sedia zoppa un libro volante un gabbianello con le scarpe.
Oggi mi sono fermata, e l'ho guardato quel profilo relegato al limite, dopo averlo disegnato. L'ho guardato. Gli ho dato il tempo. Ho detto scusa Bordopagina se rimani sempre senza voce e senza occhi, ma pensa a quanto hai di me dentro tu, quanto sei leggero di pensiero e insieme gravido di tutto quello che la parola e l'aspettativa e la richiesta scartano nei segni che invece stanno al centro di 'sto foglio qui.
L'ho guardato a lungo, ci siamo capiti, mi ha sorriso e ci siamo detti che andrà tutto bene, che nelle frontiere come il bordo pagina ci sono tante promesse, anche se silenti.
E allora adesso è qui, è uscito, in viaggio pure lui, anche se è senza nome, senza sensi, senza ordine, senza perché. È, e basta. Sulla riva prima, ora in mare. Il mio prisma, e dopo.
"If I'm dreaming you and you're dreaming me 
Then why don't we choose a different story?"




13.11.12

Senza rete

sanguineti acrobata ballarini illustrazioni
Acrobata (s. m.) è chi cammina tutto in punta (di piedi): (tale, almeno, è per l’etimo): poi procede, però, naturalmente, tutto in punta di dita, anche, di mani (e in punta di forchetta): e sopra la sua testa: (e sopra i chiodi, fachireggiando e funamboleggiando): (e sopra i fili tesi tra due case, per le strade e le piazze: dentro un trapezio, in un circo, in un cerchio, sopra un cielo): volteggia su due canne, flessibilmente, infilzate in due bicchieri, in due scarpe, in due guanti: (dentro il fumo, nell’aria): pneumatico e somatico, dentro il vuoto pneumatico: (dentro pneumatici plastici, dentro botti e bottiglie): e salta mortalmente: e mortalmente (e moralmente) ruota: (così mi ruoto e salto, io nel tuo cuore). 
- E. Sanguineti




10.11.12

Faccia pure



Aveva con sé l'inattaccabile quiete degli uomini che si sentono al loro posto.




31.10.12

Il vaso di Nina Pandora


illustrazione pasta ballarini
Tolse il coperchio per sapere. Poteva esserci vuoto, un burrone, fine profonda, non uscir nulla, una eco al massimo, un riflesso sul fondo. Invece era di acqua salata. C'era il mare dentro.








18.9.12

Prisma e dopo



Prisma di Nina che c'era.
Prisma di Nina c'è.

Ero a un tavolo d'osteria giorni fa. Tovaglia verde, vassoi bianchi, bottiglie a ricoprire fino allo sguardo al di là della tavola, candele sul finto davanzale, ché fuori pioveva e pareva sera, e invece no. Dalla porta aperta vedevi tutto l'acquazzone che si raccoglieva nella tenda estiva e cadeva giù pesante, quando decideva.
Mia madre alla mia destra parlava e si muoveva verso noi altri; indossava una camicia blu a pois fitti, ancora smanicata, ché fuori pioveva, ma non importa, è fine estate e ci proviamo fino a quando punge la pelle.
Io, come un gatto dentro una stanza che fissa un punto ipnotizzato, guardavo la collana che seguiva le spalle e il petto carenato di mia madre. Stava lì a fluire, con quelle perle sfaccettate di rosso granato, grosse come confetti, che riflettevano la luce. Parevo una gazza ladra che cerca di cogliere qualcos'altro, come se ci fosse una risposta in quel movimento osmotico accanto a me - ogni tanto capita di trovare nelle cose piccine delle domande che non t'eri fatta.

[Ogni pensiero è un esilio, un esile io che si sposta]  

E insomma la cosa bella era avvertire chiara la differenza di superficie. Voglio dire, se mia madre avesse indossato una collana di perle lisce, senza sfaccettature, la luce avrebbe colpito un solo punto, riflesso una sola luce. In un modo perfetto, senza sbavature, quella - sola - luce piena, fissa. Probabilmente del lampadario del ristorante, il più evidente e più alto di tutti. E tutte le perle a guardare da una parte sola, come un coro rivolto verso un solo direttore d'orchestra, come un grido in un'unica direzione, uno, solo, netto.


Invece no. I cristalli di granato riflettevano a destra e a manca, su e giù, la luce del soffitto e quella del piatto, quella a est del cristallo del bicchiere e a ovest dei miei occhi mentre guardavo, a sud-est della posata rovesciata, a nord-ovest dell'orologio del vicino, e tutto il resto che neanche vedevo.

Erano mille occhi e mille forme, fruscianti di luce a ogni movimento del petto di mia madre. Vive.

E ho pensato che così deve essere, non desiderare di rendere liscio ciò che molteplice è. Un'instabilità di luce che ritrae tutto, in quel momento, in quel luogo, addosso a quel cuore, quel petto così fatto.

Ché fin la più piccola luce viva lì dentro non si perde, una parte di te la raccoglie, e la mostra su di sé, come le facce di una pietra brillante.

Non vorrei essere una perla d'ostrica, per quanto perfetta e preziosa, mi pare chiaro. Preferisco un prisma. E vorrei dei prismi accanto a me, nella collana in cui sono, a parlare di tutte le luci e di tutte le ombre che ci costruiscono. E tra prismi non riesco nemmeno ad immaginare le luci coraggiose e nascoste che possono essere raccontate.


Era un pensiero volante, era un esilio, un esile io che mi calma e mi spiega tutto quello che non so.








14.9.12

Dimmi che cosa vedi tu da lì


Ricordo che, quand’ero nella casa
della mia mamma, in mezzo alla pianura,
avevo una finestra che guardava
sui prati; in fondo, l’argine boscoso
nascondeva il Ticino e, ancor più in fondo,
c’era una striscia scura di colline.
Io allora non avevo visto il mare
che una sol volta, ma ne conservavo
un’aspra nostalgia da innamorata.
Verso sera fissavo l’orizzonte;
socchiudevo un po’ gli occhi; accarezzavo
i contorni e i colori tra le ciglia:
e la striscia dei colli si spianava,
tremula, azzurra: a me pareva il mare
e mi piaceva più del mare vero.


 (Antonia Pozzi - Milano, 24 aprile 1929)




*

19.8.12

Voce armonica

[...] Una delle tecniche più affascinanti utilizzata dagli armonicisti è il "bending" che permette di ottenere sull'armonica diatonica note alterate, fisicamente non presenti. Il bending si ottiene modificando il volume della cavità orale spostando la lingua e modificando la tensione dei muscoli della gola, aiutandosi in certi casi cambiando l'angolo con cui il flusso d'aria entra nei fori dell'armonica: ciò permette di creare particolari risonanze tra le due ance associate ad uno stesso foro, producendo così un suono da uno fino a tre semitoni più basso rispetto al loro suono naturale. (Wikipedia)


E allora sì, quando la voce parlare non sa, ma il fiato c'è, sarebbe bene avere un'armonica a bocca, perché lei li trova i toni nascosti, qualsiasi cosa voglia dire, e in modo meraviglioso.


*

8.8.12

Fiera

Poi sei grande, e attraversi il tempo e i progetti e i desideri, 
che dicevi anni prima non avresti mai pensato di trovarti lì,
 a fare questo, con quella persona, con quel volto, con quel tramestìo delle mani. 

L'importante è che il volo corrisponda 
all'aria che c'è dentro il pallone che ti trasporta in viaggio, 
con cui affronti il controvento, con cui t'affidi al vento. 

Come se dentro quell'aria che lo riempie e tiene a galla 
stia tutta l'idea di felicità che da piccola immaginavi, 
quando guardavi le stelle cadere, 
quando un giorno facevi la ballerina la cantante l'archeologa l'astronauta
immaginavi l'amore una casa un gatto un piatto dei tetti un profumo un cuscino

e sapevi già quanto volevi brillassero i tuoi occhi, 

forse più saggia di ora, 
fiera del futuro o di te nel futuro.

 Intrepida di certezze, ho visto Nina volare
con quel vestito leggero a righe, la treccia più lunga, 
e lo stesso entusiasmo addosso.

Come immaginavo d'essere, così voglio essere,
stella cadente che vedrò.

19.7.12

Quel fiore

Perché è così: prima si sbaglia, ci si perde, ci si arrampica per astratte impalcature intellettuali, finché la vita un bel giorno comincia, coi suoi gesti leggeri e sapienti, a richiamarci a lei: è come aprire gli occhi ad un tratto e ritrovarsi su una striscia di prato al sole, vicino alle pietre e alle piante. Il senso della vita non è più sparso, nel cervello, nelle mani, negli occhi, ma è tutto raccolto nel centro del petto, come un enorme fiore o come una corazza: e il domani non è più che portare sempre più in avanti quel fiore, sereni, eretti, per una grande strada bianca.


(Antonia Pozzi, 1937)



20.6.12

Fossi stata un disegno

sarebbe stato più facile.
Bastava una gomma per quando avevi gli occhi stanchi
una gomma pane per togliere le macchie
una matita sola per truccarsi il viso
un po' d'acqua per alleggerire e far passare il vento sui capelli

piegare il foglio per avvicinare due disegni lontani
profumo di inchiostro per ammorbidire parole difficili
una nuova pagina perché tutto fosse di nuovo bianco, puro

mi sarei innamorata molto spesso dei disegni accanto a me
avremmo passato tanto tempo a guardarci senza paura di sbagliare

non ci sarebbe stato bisogno di spiegazioni
saremmo stati così come siamo,
senza pesi antichi se non quelle della pressione della mina,
che il segno lo lascia se spingi forte,

ed è una traccia viva quella


e senza paure

solo di qualche sbadataggine che c'avrebbe gettato addosso del diluente
o che a noi, di matita, tanti passaggi c'avrebbero sfumato fino a scomparire


e così saremmo stati perché così siamo

non avremmo detto 'scusa ma mi disegnano così'
avrei detto mi son disegnata così, così sono
sul foglio scoperta.


In fondo non vedo perché non potremmo pensare come un disegno
il disegno è coraggioso, il disegno sorride
forte e costante del suo esistere.

Quando è per me, non disegno per illustrare o perché mi piacciono i colori,
ma per l'eterna fierezza che si portano dentro i disegni, anche quando sono brutti

e perché io, in qualche modo che non conosco, né allo stesso modo posso far per me,
ho infuso loro un eterno coraggio d'essere.






12.6.12

Nina è quattro


Quando pronuncio la parola Futuro, la prima sillaba già va al passato.
Quando pronuncio la parola Silenzio, lo distruggo. 
Quando pronuncio la parola Niente, creo qualche cosa che non entra in alcun nulla. 

(Le tre parole più strane - W. Szymborska)



M'immagino che di qui, Ninopoli silenziosa in fermento, passi qualcuno ogni tanto, con una giacchetta primaverile che ti ripara dalle bufere improvvise, in una promenade simil-parigina al crepuscolo, l'ora preferita.
Le prime luci si accendono, ché la luna fa la pigra, e le finestre si illuminano. Ma Nina da quel davanzale non si affaccia, l'uomo d'acqua non straripa, le conchiglie non ticchettano, tutto è oltre il vetro e i punti interrogativi saltellano sul marciapiede, e si continua ad andare.


In tutto questo infatti, mentre Nina si fermenta come mosto e ha un angelo birichino per capello, intanto fa 4 anni. Quattro. Che è tanto. È il doppio di lei e Francesca, è come le lettere che la compongono, come gli anni che son suo anagramma, è il doppio di noi, è un numero pari che le sta simpatico, è il numero di Aprile, è 4 come i 409 410 pensieri-segni lasciati qui, che ogni tanto per tornare anche io per quelle vie, leggo a caso, e sorrido per l'identità mia che si rilegge, è cresciuta, ma si rivede ogni volta, e fatico a scegliere una traccia che più delle altre ricalca questo corpo, perché tutto assieme vale, sempre vale.
(E se dico 4, mi scrivete nei commenti i vostri 4 post più amati, dall'11 giugno 2008 ad oggi? Entro il solstizio d'estate, ché poi ne pesco uno, in acque dolci, e gli mando una sorpresa, sciolgo la treccia dal comignolo e gli scendo giù la luna).


Intanto continuo a colorare al lume del terzo piano, mai fermata dal ritorno da Parigi, e così l'estate proseguirà, nei suoni della lirica.
Quando cammino tra queste calli, penso a quanto Nina manca, ma assieme partecipa a tutto, da quando è partita da Ninopoli; perché lei c'è io sto facendo tutto questo, e per gli occhi cari che passan di qui, che vorrei poter avere sempre con me. Ogni viaggio è un ritorno, no? Per cui torno. Torniamo. Ecco.


E per festeggiare, cari passanti amati, lascio le finestre aperte, quelle illuminate, con le tende svolazzanti, che son tele disegnate, che presto si spalancheranno a far entrare il turbinìo dell'estate. E quelle 4 candeline su una torta di carta - le vedete? - Vento e voi tutti, soffiate soffiate!, con l'augurio che la sinfonia di questa piccola Nina sempre tra le vie possa suonare, e cantare, e ballare.


F.




18.5.12

Luce bianca

"C'è una certa quantità di gentilezza nel mondo così come c'è una determinata quantità di luce – continuò George in tono pacato – Si fa ombra su qualcosa quando si sta in piedi e non serve muoversi da una parte all'altra per salvare le cose. L'ombra ci segue sempre. Scegliere un luogo dove non si possa fare del male... sì, scegliere un posto nel quale non possiamo fare troppo male e rimanervi, per quanto vi riesce, di fronte al sole." 
(Camera con vista, 1954)

Entro in casa dopo 6 ore, da cui siamo partiti senza un minimo di saluto alle pareti, e trovo lo spicchio di mela lasciato da sbucciare ormai diventato scuro, le posate con la posa del pranzo quando è illuminato a giorno e invece ora, al crepuscolo, ha qualcosa di sospeso, e racconta del tempo che s'è fermato, ed è scorso altrove.

La parola di oggi è luce. Mia nonna Bianca si sta spegnendo, dalla sua età di 98 anni, lucidi sempre, lottati, dalle mani eleganti appuntite, rossetto sulle labbra, roccia di cuore e leggera di nome; ha deciso che sarà oggi l'ultimo soffio sulla candela indomita che ha dentro, l'ha detto e così sarà.
Le ho guardate a lungo oggi, quell'incrocio di mani addolorate ma salde: la mano di mia madre sulla fronte di Bianca, la mia mano sul ginocchio di mia madre. Disegnavano una curva, un cerchio che andava chiudendosi, e quei sospiri ultimi che s'avvicendavano, e che ancora stanno andando, come un sonno potente a occhi aperti che nessuno sa quando finirà del tutto. Ma ha un cuore così forte che pure del tempo se ne fa un baffo mia nonna, continua a respirare imperterrita col codino dal fiocco rosa e la camicia da notte con le gardenie, e magari è già in qualche paradiso a coglier fiori.
È piccola, sembra sempre più quella lepre addormentata sotto la copertina di lana, dentro ore inondate di una luce bianca, di pace: immagina la luce che passa nelle lacrime, eccolo, quel colore lì. Direi che diventa bianco cielo, o bianco petalo, o bianco anima.

All'uscita di quell'attesa ai piedi dell'albero secolare, lungo i cancelli grandi della Casa, c'erano dei fiocchi bianchi, festoni di nozze passate da un po'. Io penso fossero nastri bianchi al vento per Bianca, che sta lasciando questo mondo, col cuore forte di roccia, che continua a battere e battere e a non levare, una sorta di inno alla vita, nonostante le ombre, che ci seguono sempre.

Mi ha appena chiamato mia madre da là, è vicino a Bianca, che è vicino a un davanzale e vede fuori, e mi ha chiesto se anche io vedevo la luce del tramonto, e quanto era bella mammamia.

25.4.12

Piovono ombrelli


A Ninopoli si sta a testa in giù, ricordate? 

E alcune cose vanno al rovescio. Per esempio, Nina è pioggia, pura pioggia. E se lei è pioggia, son gli ombrelli a scender giù dal cielo. Loro non piovono però, sono come stormi di uccelli migranti, che le si mostrano all'orizzonte e dicono Non coprirti, diluvia quanto vuoi, Nina! 

E lei pensa che ogni tanto serve vedere armature pesanti, protettive gabbiette, scudi retroattivi che diventano leggeri e volano via, a ricordarti quanto si sta bene scoperti.



*

18.4.12

L'una per due

luna francesca ballarini illustrazioni

francesca ballarini disegni

montale poesia illustrazione ballarini

Per fare una Luna bisogna essere due, si racconta su Ninipedia.

Con un po' di cielo in testa, un po' di stelle in tasca, in mano un lembo di luna, ovunque vadano i due si cercano, senza saperlo. Attraversano strade, mondi, tempi, in luna crescente cominciano ad avvicinarsi, per la luna piena s'incontrano, chiudono il loro cerchio, trovati.

I due "non vogliono la luna", perché loro, la luna, l'hanno fatta assieme. E più di così, dice Nina, non c'è da desiderare.


Dicono che la mia
sia una poesia d’inappartenenza.
ma s’era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.


(E.Montale)








15.3.12

Nina all'Opera


Pare di no, ma Nina c'è. È all'Opera.
Per cui neanche tanto silenziosa, se ascolti davvero senti la matita che scorre, la boccetta d'inchiostro che tocca il tavolo e forse si versa pure, le dita impiastricciate che si puliscono a vicenda, il taccuino che spagina a ritrovare quel verso che Carmen canta, e a Nina piace così tanto.

Per chi non conoscesse le sue mirabolanti avventure in società, Nina da poco più di un mese è con pennelli e matite a disegnar la nuova immagine del Macerata Opera Festival dell'Arena Sferisterio, tra Carmen e Traviata e Bohème e non solo, nella rete e nella carta.
E quindi pare assente ma è più canterina che mai, e vi vorrebbe dire tutto, far leggere, scorrere ogni cosa che si vien creando e che ancora tanto dovrà evolversi.

La storia è un po' racchiusa in quel video lassù, una ninazione fotografica di quel che accadde dal 20 gennaio ad oggi.  Era a Parigi, e dalla città di Violetta Valery e di Mimì ha cominciato - lei e il suo cuore - a provar a raffigurare una cosa grande come l'opera, a prestare la mano e lo sguardo, o semplicemente quello che lei è. 

Come dicevo a una cara persona qualche ora fa, il bello non è il compiere un'impresa seppur grande e importante come questa, ma riuscire a portare te stessa in quello che fai, la verità di te, "eroe del tuo racconto", soprattutto. E qui di verità ce n'è a manciate di coriandoli, che quasi tutto non posso dire.
Per cui Nina è felice di questo, emozionata e felice.

E sorride ogni volta che pensa che questo viaggio è partito in quel dove e in quel come, dalla città amata, da poche matite colorate, da un taccuino dalla copertina nera e dai fogli gialli. Un po' senza regole e improvviso, come un temporale forse, o come l'amore, dice Carmen, che non ha mai, mai conosciuto legge.

Io vi aspetto in quell'abbraccio senza tetto che è lo Sferisterio. D'estate, e ci mettiamo il mare dentro. 
Mi son trovata nei giorni della neve a camminarci in mezzo, e tutto era vuoto e bianco e silenzioso ritagliato come un cerchio al centro della città vociante. Avrei potuto dire che quell'arena, con la neve, bianca come da disegnare, si ergeva nella mia Ninopoli.




29.2.12

Silenzio ha senso?

francesca ballarini illustrazioni montale
Le parole
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta
di Fabriano, l’inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto;
le parole
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto,
sulle partecipazioni
matrimoniali o di lutto;
le parole
non chiedono di meglio
che l’imbroglio dei tasti
nell’Olivetti portatile,
che il buio dei taschini
del panciotto, che il fondo
del cestino, ridottevi
in pallottole;
le parole
non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambrocche e accolte
con furore di plausi e
disonore;
le parole
preferiscono il sonno
nella bottiglia al ludibrio
di essere lette, vendute,
imbalsamate, ibernate;
le parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c’è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;
le parole
dopo un’eterna attesa
rinunziano alla speranza
di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute.

(E.Montale)


"Le parole quindi piovono", dice Nina. "Non le comanda nessuno, s'accordano col vento e con qualche incrocio di correnti, e s'accorgono di te, quando decidi di soffiare più forte".

Da tempo un ombrello rovesciato aspetta di raccoglierle, e lei confida non rinuncino alla speranza di essere dette.




*

14.2.12

Il vero amore non lascia tracce




leonard cohen francesca ballarini amore neve
Il vero amore non lascia tracce
Come la bruma non lascia sfregi
Sul verde cupo della collina
Così il mio corpo non lascia sfregi
Su di te e non lo farà mai

Oltre le finestre nel buio
I bambini vengono, i bambini vanno
Come frecce senza bersaglio
Come manette fatte di neve

Il vero amore non lascia tracce
Se tu e io siamo una cosa sola
Si perde nei nostri abbracci
Come stelle contro il sole
Come una foglia cadente può restare
Un momento nell'aria
Così come la tua testa sul mio petto
Così la mia mano sui tuoi capelli

E molte notti resistono
Senza una luna, senza una stella
Così resisteremo noi
Quando uno dei due sarà via, lontano.

(Leonard Cohen)






*

25.1.12

Quando ero cerbiatto

bestiario illustrato francesca ballariniQuando hai qualcosa da dire che non sai spiegare a voce la scrivi, quando non deve restare chiusa tra le pagine, la scrivi su Io&Nina. Questo si chiama spartito.

Il Bestiario continua e pure Nina cambia δαίμων. Ora è un cerbiatto. In realtà lo è saltuariamente. Mi sa che c'è una mappa per comprendere ogni quanto e in che stadio in particolare le si allungano le zampette come fuscelli (ma come fa a restare in piedi?), qualche macchia bianca compare sul dorso e le ciglia si incurvano tantoché ci si appoggia la pioggia e pure una lacrima sta ferma sulla rima, come quella di mamma orsa.

Le lacrime di Nina Cerbiatto hanno una temperatura dal calore stabile, un po' infuocato, e scendono molto lentamente. Di solito aspetta a dar loro il via, non si accorge nemmeno: a un tratto si sente il muso bagnato, guarda in alto e non sta mica piovendo - anche perché la pioggia è fresca, sempre.

Se l'impossibilità avesse una temperatura, sarebbe quella delle lacrime di Nina Cerbiatto, impossibilità impastata e succosa di volere e sapere. È un cerbiatto misterioso che cammina per i boschi, ma sa bene ciò che vuol dire casa: torna spesso a vedere il posto a cui sente di appartenere, se per caso è cresciuto qualche albero dalle radici visibili dentro le sue stanze, sotto la cui chioma riposare.

È stata cerbiatto a Parigi, Nina, giorni fa. Ancora una volta al bordo di un bosco, delle mani amate l'hanno riportata di nuovo lì sul confine, a dirle non ti curar di nulla, vai e fai quel che vuoi.
Il cerbiatto ha guardato, ha pensato, e le è sembrato tutto un po' strano. Ogni volta crede di capire, e poi capisce che non ha capito. Forse perché è cerbiatto, è piccola lei. Forse.
È che quella storia l'ha sentita un milione di volte, ti raccontano che l'uomo lascia il cerbiatto curato e nutrito andare via libero per il bosco, nel suo ambiente naturale, e così è giusto che sia, e non voltarti mai, vai, corri! e cose del genere.

illustrazioni bestiario francesca ballariniMa questo cerbiatto qui è già tornato una volta, e torna e ritorna.
Perché allora, mani, non fate costruire delle briglie fiorite e lo tenete con voi?

A questa domanda non posta, un po' di ore dopo, mentre smangiucchiava lamponi da un cespuglio, Nina Cerbiatto si è sentita il muso bagnato e infuocato.

"Non dico mai le cose al momento giusto", pensa. Sbatte le ciglia, pesanti di interrogative e silenzi, ci cola via la finta pioggia, e si immerge di nuovo nella boscaglia. Qualche foglia da disegnare col muso appuntito sulla terra bagnata la troverà.

*


*

9.1.12

Alba ero, alba sarò

francesca ballarini albero illustrazione
« Ero? Anche in inverno c'è l'alba, insomma. Non c'è mica da aspettare la primavera, per la rinascita. Voglio dire, fiori e foglie arriveranno. I rami li ho, le radici pure. E allora sempre si potrebbe uscire, varcare, raggiungere! »

Così ha sentenziato l'albasarò che sta sul colle, qui vicino casa di Nina. È arguto e illuminato come sempre.
Con Francis Ponge sarebbe andato d'accordo, e io con loro.


È con facilità che vorrei si entrasse in ciò
che scrivo. Che ci si trovasse a proprio agio.
Che si trovasse tutto semplice. E però che
tutto fosse nuovo, inaudito: illuminato
con naturalezza, un nuovo mattino.

(F. Ponge)






*

4.1.12

Il Bestiario di Nina

illustrazioni bestiario francesca ballarini

È cominciato così l'anno nuovo, a disegnare con le nuove crete e sanguigne e carboncini, dopo che Nina mancò un po' qui da casa sua. 
E cominciò disegnando animali e bestioline addormentate, e ognuna assomigliava a qualcuno di caro, attorno a lei. 
Calvino diceva: "scrivo per comunicare, perché la scrittura è il modo in cui riesco a far passare delle cose attraverso di me, delle cose che magari vengono a me dalla cultura che mi circonda, dalla vita, dall’esperienza, (...), a cui do quel tanto di personale che hanno tutte le esperienze che passano attraverso una persona umana e poi tornano in circolazione".

Nina si augura questo, per l'anno a venire e oltre: che ciò che assorbe e ama e vede e sente, fortemente o lievemente fuggente, riesca sempre a fermarlo, senza paura o troppe traduzioni, ovunque si trovi, e farlo tornare "in circolazione".  Si augura di avere le matite appuntite, gli sfumini sempre pronti (che quelli son importanti), abbastanza inchiostro anche se si butta, spazio nelle tasche almeno per un mozzicone di gessetto, e colori diversi per disegnare ogni storia e ogni anima cara che è sua, magari proprio attraverso quell'animaletto spiritello che immagina per ciascuno. Da cui impara, di cui ricorda, a cui insegna, che ama, che attende, che immagina, che conosce, che incontrerà. Tutti in giro, tutti in circolazione, due, tre, dieci, n volte. E poi si augura di avere sempre colui che glieli doni gli strumenti, come stavolta e come ogni volta. 

Oggi mi sono sentita una volpe assopita, che forse aspetta passi l'influenza, e intanto sogna nuove furberie. Chissà se a fine anno sarò sempre lei, o ancora a cercare la forma più giusta e più mia, il δαίμων, lo spirito-guida "che ci assiste nelle decisioni" secondo Socrate, "l'autentica natura dell'anima umana, la ritrovata coscienza di sé"!

Intanto la nonna di Nina, che tiene sempre stretto il suo astuccio di piccoli tesori in una sorta di veglia, e Grace, col suo maglione rosa, caldo quando è freddo e fresco quando è caldo (quando ero piccola era rosa, ora è quasibianco), indubbiamente, vi assicuro, hanno trovato il loro.


Buon inizio a noi,
Nina Zzzzzz.

*

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...