30.8.10

Armonina



"Tutto è già cominciato prima, la prima riga della prima pagina di ogni racconto
si riferisce a qualcosa che è già accaduto fuori dal libro". (I. Calvino)



Le CartoNine stanno riempendo il porticciolo di là, cocciano le prue con le poppe, si incrociano le vele, e ne inventano volta per volta sempre di nuove.
E quando si parla di Nina, e mentre pure il Salotto si riempie (Lisa e la sua Mongolfiera ultima dolce ospite), le vostre voci sono tutte carezze per me.


Pochi giorni fa mi è stata scritta una cosa, e io l'ho appuntata al cuore, incorniciata, come lei a distanza di tempo aveva fatto. E ringrazio Betty, che non conosco oppure sì, e che avrà presto questo ritratto in mano.

Così mi racconta:

"Giacché ci sono, un'ultima cosa. All'epoca dell'università, nel nostro appartamento di studentesse, una mano misteriosa aveva appeso una frase:
Non v'è nulla di tanto incredibile quanto una risposta data ad una domanda che non si è mai posta.
È rimasta lì, per molto tempo, a sfiorarmi. Poi la vita, piano piano, me l'ha fatta capire.
Ecco, volevo dirti che alcuni tuoi disegni hanno dettato le domande."


Ecco, dico io.
Se la sinfonina è tutto ciò che incontrate qui - e che io stessa vedo scritto o segnato come fosse la prima volta nella mia linea d'orizzonte, eppure è già accaduto - l'armonina dell'orchestra di Nina è in questa frase, inseguita e ricercata.

Ritrovando ancora le Lezioni di Calvino, è come rincorrere affamati la sintonia ("la partecipazione del mondo attorno a noi") e in egual modo la focalità ("la concentrazione costruttiva") sulla tua vita.

Grazie a voi, ognuno un angelo per capello, mi sento una gran chioma in testa che scende giù dal cielo, oppure dal mare, ché tanto alla fin fine a Ninopoli si sta sempre a testa in giù.



Buon ritorno dall'estate.

Nina


26.8.10

Quando il tempo è


"Il tempo non è un sacco, magari è un bosco. Se hai conosciuto la foglia, poi riconosci l'albero. Se l'hai vista negli occhi, la ritroverai. Pure se è passato un bosco di tempo." (erri de luca)



A volte mi assento, e lo faccio molto bene. Sto in luogo, sto con le persone, faccio cose, ma in realtà non ci sono, sono altrove. Mi stupisce ogni volta la discrepanza del qui ed ora, e riuscire relativamente bene a seguire entrambe le presenze/assenze. Mi chiedo pure se è normale, ma tant'è.


Altrettanto e ancor più mi stupisce esserci.
In certe ore succede di sentire ogni particella presente, i sensi all'unisono, e che del tempo non mi frega più di tanto, che sia poco o molto, semplicemente quel tempo è.

Ed è così tanto, troppo, che se ci pensi dopo ti chiedi se è avvenuto davvero, se l'hai attraversato realmente, con le gambe, e le braccia, e la fronte, e le ciglia; e intanto il volume del suono di quel tempo aumenta, e non distingui più cosa hai visto e ti chiedi come lo ritroverai, se ritornerà.

Quando poi però lo rincontri lo riconosci sempre, perché l'hai visto negli occhi, e ne hai accarezzato i rami.
Lo riconosci nel passato, lo conosci e lo speri, perché quel bosco lì è il tuo, e senti quelle radici far parte di te, da prima di voi.


La paura è sempre una, di cadere sotto al crollo della delicatezza di quel tempo chiamandola illusione, e io sono stanca di quei giochi della mente, che ti dice che i boschi che hanno un volto non esistono.





24.8.10

Gli sguardi sopravvivono




Ho spesso immaginato che gli sguardi
sopravvivano all'atto del vedere
come fossero aste,
tragitti misurati, lance
in una battaglia.
Allora penso che dentro una stanza
appena abbandonata
simili tratti debbano restare
qualche tempo sospesi ed incrociati
nell'equilibrio del loro disegno
intatti e sovrapposti come i legni
dello shangai.


(V. Magrelli)


Aggrappata a quelli aspetto il sonno, e tiro fuori dalla tasca le parole appena dette, sotto lo stesso tiglio, sulla stessa panchina, ma d'estate.
Gli alberi se le tengono ancora strette le foglie, ché ingannevoli nascondono paia e paia di orecchi legnosi, e i tragitti dei loro sguardi sono rami, e i fruscii delle fronde sospiri di approvazione, oppure diniego.

Hanno ascoltato tutto loro, loro sanno tutto.


19.8.10

Mareviglia


sei tu, eri, sei tu, eri, chi deve venire
(m. sannelli)




Chi ha steso braccia al largo
battendo le pinne dei piedi
gli occhi assorti nel buio del respiro,
chi si è immerso nel fondo di una pupilla
di una cernia intanata
dimenticando l'aria, chi ha legato
all'albero una tela e ha combinato
la rotta e la deriva, chi ha remato
in piedi a legni lunghi: questi sanno
che le acque hanno volti.
E sopra i volti affiorano
burrasche, bonacce, correnti
e il salto dei pesci che sognano il volo.

(Volti - erri de luca)





14.8.10

Come la luna


"La luna di pomeriggio nessuno la guarda, ed è quello il momento in cui avrebbe più bisogno del nostro interessamento, dato che la sua esistenza è ancora in forse."
(Palomar - I.Calvino)


Anche lui, come la donna che attendeva e immaginava "a case of you", fa parte di Ninopoli.
Ed arriva qui, mentre guarda fuori la città, con un pensiero di Calvino. Si son incontrati in tempi diversi lui e il pensiero, e si sono trovati ora. Oppure io li ho fatti trovare in questi giorni sfuggenti di tempo finito per qualcuno, e che a te che ci pensi e non ti capaciti all'idea, dici che pare non basti mai il tempo, e intanto ti frega e ci rimani di stucco. Perché ci si accorge davvero del suo valore e ricordi di salvare i momenti e curarli e inventarne di nuovi nelle volte in cui quel tempo scompare.

"(...) ma ora non c’è dubbio che è la Luna che se li porta addosso come lividi o ecchimosi, e non si può più crederli trasparenze del fondale celeste, strappi nel manto d’un fantasma di Luna senza corpo. Piuttosto ciò che ancora resta incerto è se questo guadagnare in evidenza e (diciamolo) splendore sia dovuto al lento arretrare del cielo che più s’allontana più sprofonda nell’oscurità, o se invece è la Luna che sta venendo avanti raccogliendo la luce prima dispersa intorno e privandone il cielo e concentrandola tutta nella tonda bocca del suo imbuto.»


Lui lassù dai pantaloni gialli come il cielo, nasceva come il Ian French del racconto di K.Mansifield, che ama una donna del palazzo di fronte, e che non sa raggiungere, teme l'incontro e preferisce immaginare la sua vita con lei.

Ma ora per quella luna che guarda è anche il Palomar di Calvino, colui che pensa al modo indicativo tempo presente e guarda un punto apparentemente insignificante portandolo all'infinito.

"Palomar è già passato ad un altro ordine di pensieri: è il prato quello che noi vediamo oppure vediamo un’erba più un’erba più un’erba...? Quello che noi diciamo “vedere il prato” è solo un effetto dei nostri sensi approssimativi e grossolani; un insieme esiste solo in quanto formato da elementi distinti. Non è il caso di contarli, il numero non importa; quel che importa è afferrare in un solo colpo d’occhio le singole pianticelle una per una, nelle loro particolari differenze. E non solamente vederle: pensarle. Invece di pensare il prato. Pensare quel gambo con due foglie di trifoglio, quella foglia lanceolata un po’ ingobbita, quel corimbo sottile..."

Questi giorni passati e ancora, Nina è così, e nella città invisibile di Ninopoli si guarda attenti la luna di pomeriggio.



Buon ferragosto a voi





12.8.10

A case of you


Oh you're in my blood
like holy wine
You taste so bitter
and so sweet
Oh I could drink a case
of you darling
And I would still be
on my feet.


9.8.10

Onde Alfa


"Le onde cerebrali alfa hanno una frequenza che varia da 7 a 13 Hz e sono associate a uno stato di coscienza vigile, ma rilassata. La mente, calma e ricettiva, è concentrata sulla soluzione di problemi esterni, o sul raggiungimento di uno stato meditativo leggero. Le onde alfa dominano nei momenti introspettivi, o in quelli in cui più acuta è la concentrazione per raggiungere un obiettivo preciso."


A Ninopoli ho imparato diverse cose e due grandi le tengo a mente come un precetto per entrare e costruire bene ogni casa, anche oltre questa strampalata città.

Una dice che illustrare è scegliere. E la scelta è una delle cose più complesse che esistano, in ogni campo, in ogni strada. Bisogna imparare a farla, e a scegliere di scegliere.

L'altra cosa è saper governare la paura, perché quando si sta per scegliere si teme l'errore, il danno, il peggioramento di uno status quo. E allora non si sceglie, si rinuncia a provare.

Bisogna allora affidarsi alle onde (cerebrali, non del mare stavolta): quelle alfa, di coscienza attenta ma leggera, di mente rilassata, di concentrazione sospesa, che ci permettono di "sistemare la paura", dice il maestro, nel suo italiano spagnolo che è però più netto di mille retoriche.
Sistemala a quella, mettila al suo posto - che pur sempre serve - e poi alzati su da quel manto erboso altissimo in cui giochi a nascondino con te stessa.

E allora Nina - a cui è stato detto che sa l'anatomia, che possiede il ritmo delle figure umane, lei che anatomia non l'ha studiata mai, ma è una che guarda, e le è stato pure detto che è pigra, se una cosa non viene come dice lei lascia perdere - pensa come un disegno possa valere un insegnamento più grande, oltre il foglio.
Di-segna, non aver paura di provare, se rovini il disegno pazienza, se l'hai fatto una volta vuol dire che lo puoi fare altre mille volte.


Fatto sta che a Ninopoli ora vivono 28 donnine gemelle fatte a più modi, 23 ometti in frac acquerellati carboncini timbrati capovolti caduti ammiccanti, e tanti tantissimi altrettanti cittadini fatti di inchiostro e pennino. Li conoscerete, ché ognuno ha la sua storia.


We're training our alpha waves.




4.8.10

Sulla linea dell'orizzonte



Prima ancora che sorgesse Ninopoli, nel mio viaggio verso l'Inghilterra, ero passata per una strada, una di quelle lunghe che attraversano gli Appen-nini, all'ora del tramonto. Era un placido andare, in macchina, con una di quelle musiche che se ci pensi troppo ti rovesciano come un calzino, e se invece ti lasci avvicinare solamente puoi anche rilassarti e far finta di nulla, ed è una cosa molto vicina alla felicità, di quella che aumenta l'attenzione verso le cose.

Dietro un'ampia curva sostava una linea d'orizzonte particolare, ché ci mettevi un po' per collocarla nella mente, perché quel che vedevi aveva pressappoco consistenza di fiaba.
Il profilo della collina che scendeva da un monticello poco più su, sembrava nascondesse, sotto una coperta sottilissima, una donna allungata, addormentata con la spalla sporgente di quando stai distesa sul letto e dici questa è la posizione del mio sonno e ti addormenti, e forse ci resti così fino al mattino.

Be' lei era lì, color verde bosco, i capelli sciolti appoggiati sul rilievo di roccia-cuscino.
Con la macchina la costeggiavi, e cercavi di non far rumore.

Appena tornata a casa ho cercato di fermare quel profilo, e tuttora i miei occhi lo ricordano in questo modo. Lei è lì che dorme ancora, sino all'alba, e il pensiero mi fa addormentare con quella stessa serenità così poco spiegabile ed evanescente, ma esistente.




Prende in mano oggetti scompagnati – una pietra, una tegola rotta, due fiammiferi bruciati, il chiodo arrugginito del muro di fronte, la foglia entrata dalla finestra, le gocce che cadono dai vasi annaffiati, quel filo di paglia che ieri il vento portò sui tuoi capelli, – li prende e là nel suo cortile costruisce pressappoco un albero.
In questo “pressappoco” sta la poesia.
La vedi?


(Ghiannis Ritsos, tratta da La poesia delle cose)



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